La nostra letteratura fin dagli inizi parla poco, ed anche male, dei bambini. La parola «pais» e «teknon» indica la discendenza dagli antenati e dai genitori, ma, oltre a questo significato, esprime anche la bassa condizione sociale, la posizione subordinata del fanciullo, per cui il vocabolo può significare anche servo, inesperto, ingenuo, tanto che si giunge al significato di «stolto» o addirittura «pazzo».
Un altro vocabolo greco, «nepios», indica il bambino in quanto debole e inesperto, ma, in senso allegorico, spesso in poesia, ha il significato di «germoglio». Anche la terminologia ebraica dell'Antico Testamento va dal senso di chi «non capisce» a quello di «stolto».
Nel Vangelo il valore del bambino, in quanto tale, si alza. Nell'episodio di Matteo (21,12 ss.) in cui Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti coloro che trovò a comprare e a vendere e rovesciò i tavoli dei cambiavalute, ecco che il termine «pais»-fanciullo si arricchisce: i fanciulli acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide». E Gesù commenta: «Si, non avete mai letto: dalla bocca dei bambini e dei lattanti ti sei procurata una lode?» Si tratta di un salmo messianico dell'epoca di Davide (Sal. 8,3).
Nel Vangelo di Matteo (11,25 ss.) si riconosce l'importanza del bambino nella preghiera di Gesù «Ti benedico, o Padre; Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli». Il vocabolo «nepios», sopra ricordato come debole e inesperto, ora è mutato. Ai bambini hai rivelato «cose grandi».
Senza ricorrere a interpretazioni poetiche, l'espressione «hai rivelato cose grandi», riservata al bambino, ci interroga su di lui appena nato, o nei primi mesi, o nei primi anni, come libro da leggere. Chi sei? Che cosa porti dentro di te? Tu sei germe di una generazione che non ha confini, tu porti dentro pensieri, parole, vicende, profano e sacro che devo custodire non solo con delicata cura, ma con la mente scevra da tutto ciò che non è limpido e saggio. Devo pensare che ogni bambino che incontro sta costruendo uno stile di pensiero e di azione tutto suo, tutto nuovo. Guai se il mio passo, la mia parola, il mio gesto impedisce il suo crescere nella saggezza e nella bontà: Se sei un credente, tu sai che è Dio stesso che attraverso ogni bimbo che nasce «costruisce una novità di vita» che tu, attento, devi interpretare, dal suo gesto, dalle sue prime parole, con attenzione orante.
Senti il canto delle salite di Salomone: «Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori. Se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella. L'eredità del Signore sono i figli, sua ricompensa il frutto del grembo. Come frecce in mano ad un guerriero sono i figli della giovinezza! Beato l'uomo che ne ha piena la faretra».
È la famiglia che per prima deve trovare nei figli il sacro e l'inviolabile, che talora può sfuggire nel gesto e nella parola. Chi di noi non memorizza quel gesto, quella parola che in casa ha sentito e forse ha sconvolto anima e mente, incisa poi nella memoria?
Per tutti, oltre che per la famiglia, incontrare un bimbo, una bimba è incontrare il sacro. Se sei credente, il sacro è il divino. Se non lo sei, il sacro è la potenza, la forza, il mana, il tabù, il daimon che la natura ha in sé, che ti annienta e distrugge.
Attento! Rispetta quel delicato germe di vita!
Mons. Giovanni Battista Chiaradia