Nella festa dell’Ascensione del Signore al Cielo, quaranta giorni dopo la sua Risurrezione, il vangelo che viene proclamato nelle assemblee cristiane si incentra su tre parole realmente significative e, a loro modo, provocatorie per noi tutti che le ascoltiamo: “testimoni”, “si prostrarono davanti a lui”, “grande gioia”.
Il Signore Gesù ci invia in tutto il mondo, e non solo tra di noi che ci crediamo, ad essere testimoni della sua Resurrezione con la vita e con il nostro nuovo modo di pensare, di agire e di valutare la storia e il senso profondo di ogni persona e di ogni evento.
Il gran impulso che nasce nel cuore degli apostoli, e speriamo davvero anche nel nostro, è di adorare Gesù che si è dimostrato davvero unico nell’amare e nel vincere il male e la morte stessa: lo vogliamo adorare proprio come si adora la persona che amiamo al di sopra di tutto nella nostra vita.
È una esigenza di intimità e di comunione totale che diviene sempre più impegnativa e imprescindibile per ogni credente.
E, infine, non veniamo bloccati dal fatto che il Gesù che possiamo toccare e riconoscere facilmente scompaia (Lui ha ripreso il suo posto nella gloria della Trinità, facendo un nuovo impensabile atto di fiducia in noi: “ora tocca a voi: coraggio!”): ritorniamo alle nostre case e alle nostre vite pieni di una grande gioia, che vogliamo diffondere costantemente intorno a noi.
Sarà la grande evangelizzazione che si compirà per contagio: il contagio della gioia e della speranza.
Mi chiedo: è davvero così per ognuno di noi che ci diciamo e siamo fieri di essere cristiani?
Proprio in questi giorni il Papa, in Portogallo, ci ha illuminato con questa sua profonda parola-richiamo-invito:
“Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede,
dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista.
Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali,
nella distribuzione di poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?
Affinché ciò non accada, bisogna annunziare di nuovo con vigore e gioia
l’evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del cristianesimo,
fulcro e sostegno della nostra fede,
leva potente delle nostre certezze,
vento impetuoso che spazza via qualsiasi paura e indecisione, qualsiasi dubbio e calcolo umano.
La risurrezione di Cristo ci assicura che nessuna potenza avversa potrà mai distruggere la Chiesa.
Quindi la nostra fede ha fondamento,
ma c’é bisogno che questa fede diventi vita in ognuno di noi.
C’è dunque un vasto sforzo capillare da compiere affinché ogni cristiano si trasformi in un testimone
in grado di rendere conto a tutti e sempre della speranza che lo anima (cfr 1Pt 3,15):
soltanto Cristo può soddisfare pienamente i profondi aneliti di ogni cuore umano
e dare risposte ai suoi interrogativi più inquietanti
circa la sofferenza, l’ingiustizia e il male, sulla morte e la vita nell’Aldilà.
Carissimi Fratelli e giovani amici, Cristo è sempre con noi
e cammina sempre con la sua Chiesa, la accompagna e la custodisce,
come Egli ci ha detto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Non dubitate mai della sua presenza!
Cercate sempre il Signore Gesù, crescete nella amicizia con lui, ricevetelo nella comunione.
Imparate ad ascoltare la sua parola
e anche a riconoscerlo nei poveri.
Vivete la vostra esistenza con gioia ed entusiasmo,
sicuri della sua presenza e della sua amicizia gratuita, generosa, fedele fino alla morte di croce.
Testimoniate a tutti la gioia per questa sua presenza forte e soave,
cominciando dai vostri coetanei.
Dite loro che è bello essere amico di Gesù e vale la pena seguirlo.
Con il vostro entusiasmo mostrate che,
fra tanti modi di vivere che il mondo oggi sembra offrici – apparentemente tutti dello stesso livello –,
l’unico in cui si trova il vero senso della vita e quindi la gioia vera e duratura è seguendo Gesù.”
S.S. Benedetto XVII, Fatima, Maggio 2010
Cordialmente,
Don Gigi Di Libero sdb