Oggi, domenica 4 aprile 2010, Pasqua di Risurrezione del Signore Gesù Cristo, ogni Comunità cristiana e soprattutto ogni credente in Lui e quindi Cristiano, perché vive di Lui e come Lui, grida al mondo la sua gioia perché ancora una volta vogliamo riaffermare con convinzione che l’impossibile è possibile per l’intervento del nostro Dio che davvero «fa nuove tutte le cose» e ci fa risorgere a vita nuova.
Nonostante le apparenze che ci fanno assaggiare le paure e le angosce del «buio», con cui inizia anche il brano del Vangelo di Giovanni che viene proclamato nella messa pasquale, si rinnova la certezza che il bene è più forte del male, che l’amore di chi si dona totalmente e gratuitamente è l’ultima e definitiva parola, al di sopra delle parole violente e repressive dei tanti poteri di male e di morte di cui sempre possiamo essere vittime, spesso innocenti.
La morte come somma di tutti i mali e negazioni della vita e della gioia, è vinta in Cristo Risorto che travolge anche noi vittoriosamente nel suo trionfo di gioia e di vita per sempre.
Mentre affermo queste certezze sconvolgenti, con il cuore che batte forte perché ne sperimento con tanti compagni di viaggio l’ebbrezza ma anche l’angoscioso e umile timore che mai vengano meno, risuonano nella mia mente alcune riflessioni che sono andato leggendo nei nostri quotidiani.
Mi permetto di riportarne una, lunga ma a mio parere assai saggia e provocatoria, di
Giovanni Sartori (
Corriere della sera del 22 marzo 2010):
«Ma quando si discute di trasformazioni della natura umana (io nel 1997 nel libro Homo Videns e di recente altri con la formula dell’Homo Zappiens) allora il fattore decisivo è la tecnologia. Così alla fine del 1400 nasce l’uomo di Gutenberg con l’invenzione della riproduzione a stampa della preesistente scrittura a mano; così, sostengo, l’invenzione della televisione crea un uomo forgiato dal "vedere" il cui sapere e capire si riduce all’ambito delle cose visibili a danno delle idee, delle immagini mentali create dal pensiero. Al limite, l’homo videns sa soltanto se vede e soltanto di quel che vede. Il che equivale a una perdita colossale delle nostre capacità mentali. Invece la teoria dell’homo zappiens trasforma questa perdita in una glorificazione, in un annunzio di nuovi e gloriosi destini. La dizione è ricavata dal telecomando che consente e produce il cambiamento incessante dei canali televisivi; il che abituerebbe il nostro cervello al cosiddetto multitasking, al saper fare molte cose contemporaneamente. Davvero?Io direi, invece, che così veniamo abituati alla "sconnessione", a un saltare di palo in frasca che equivale alla distruzione della logica, della capacità logica di pensare una cosa alla volta, di mettere questa scomposizione analitica in sequenza, e nell’accertare se un rapporto prima-dopo sia anche un rapporto causa-effetto. Il progresso della tecnica è inevitabile. Ma deve essere contrastato quando produce l’homo stupidus stupidus. Sempre più i ragazzi di oggi vivono per 12 ore al giorno in "iperconnessione" e così, anche, in "sconnessione». Sono giustamente disgustati dalla politica. Ma dovrebbero anche essere disgustati di se stessi. Cosa sapranno combinare da grandi?».
Il vero problema di ogni uomo, nella ricerca del senso del suo vivere, e ancor più di ogni credente, nel vivere e proclamare la sua fede nella risurrezione che questo senso rende superlativo e inattaccabile, sta proprio nel «vedere».
Ma un vedere che non si sostituisca al pensare e al sentire con il cuore e soprattutto non ci sconnetta con la vita interiore vera e indistruttibile.
Nel Vangelo di Pasqua siamo appunto guidati dall’esperienza di Maria di Magdala e dei due discepoli Giovanni, giovane e innamorato, e Pietro, anziano e saggio, di fronte al sepolcro vuoto di Cristo.
Nel testo evangelico siamo invitati a perfezionare e approfondire il nostro «vedere» vitale e quotidiano, del mondo e della nostra profonda intimità, proprio come in un itinerario di fede.
Dal «guardare», impaurito e ansioso di Maria di Magdala, che esprime soltanto il «vedere fisico», la semplice percezione materiale di una cosa.
Al «contemplare» che è un «vedere con la testa»: Pietro vede e ragiona, anche se non capisce.
Sino ad aprirci al «vedere», «vedere con la fede», con il cuore, non solo con gli occhi e la mente.
È un vedere penetrante, tipico di chi ama.
È così che il giovane Giovanni inizia a credere.
L’augurio che rivolgo a tutti è di giungere a questo vedere da innamorato, che genera coraggio e voglia di vivere nella gioiosa e creativa speranza: buona Pasqua!
don gigi di libero sdb