Paolo, l'ebreo che fondò il cristianesimo - di Mons. Giovanni Battista Chiaradia


22/11/2008
Il Papa ha annunciato ufficialmente nel Giugno scorso, dalla Basilica di S. Paolo a Roma, uno speciale Anno Giubilare, che si terrà dal 28 Giugno 2008 al 28 Giugno 2009, in occasione dei 2000 anni dalla nascita di Paolo, collocata dagli storici tra il 7 e il 10 d.c.
Un anno paolino che si svolgerà, in modo particolare, a Roma, dove da 20 secoli si conserva, sotto l’altare papale della basilica di S. Paolo, il sarcofago con il corpo di S. Paolo.
 
Penso che, a prescindere dalle manifestazioni, incontri, studi che le Diocesi stanno preparando, questo anno paolino debba essere vissuto personalmente da ciascuno di noi con responsabilità e passione.
Oso dire che S. Paolo, nel suo intimo e specifico messaggio, dopo 20 secoli, non è vissuto completamente nella sua interiorità che traspare nelle sue lettere rivolte a Roma, a Corinto, alla Galazia, a Timoteo e a Tito.
 
Dopo l’esperienza traumatica di Damasco, in cui il Cristo lo nomina suo annunciatore, da Gerusalemme a Efeso, dalla Galizia a Roma, forse fino alla Spagna, Lui si accorge che nel vivere intensamente il Cristo tutto sbiadisce e scolora; la sua conversione non è qualcosa di patetico, tutto è razionale nella sua testa, prima di giungere al sentimento.
Ora, brevemente, senza pretesa di completezza, tento di presentare il suo messaggio nella biografia riflessa nel suo Epistolario e negli Atti degli Apostoli, dal traumatico ed esaltante episodio della sua conversione, alla sua appartenenza a tre culture: (l’Ebraismo, l’Ellenismo, il mondo romano), alla sua originalissima operazione di transculturazione del Cristianesimo a matrice ebraica, alla sua metodologia pastorale, alle sue invenzioni linguistiche per farsi capire dai Greci e dai Romani, soprattutto dagli Ebrei.
Sarà l’Apostolo della “genti”, cioè del mondo: sarà letto, studiato, annunciato in tutte le culture.
Sarà Lui a tentare di stabilire una alleanza universale.
Basta pensare all’influsso esercitato dalla lettera ai Romani nell’occidente europeo, non solo in quello religioso ma, in maniera veramente intensa, nel mondo laico.
Non ci stupisce allora che, da oltre un secolo, storici, esegeti, filosofi vadano in cerca degli elementi costitutivi del “paolinismo” (Wrede, Bousset, Reitzenstein, Schweitzer…) per i quali Paolo sarebbe autore di un “mistero” e di un culto nuovo influenzato dalla Grecia sulla scia delle tragedie greche di Euripide e di Eschilo, oppure un sognatore che attendeva il ritorno del Cristo.
Altri, come Feuerbach, nel suo «Essenza del Cristianesimo» citano 1 Cor. 15,31 nel tema «Tutti i giorni affrontano la morte» e Fil. 2,7 ss. «Spogliò se stesso assumendo la condizione di servo, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce».
 
Ed ora per vivere il Suo insegnamento:
 
1) In principio di ogni detto e di ogni fatto c’è Dio che accompagna l’uomo con la Sua Presenza e la Sua Parola:
“Ora avete conosciuto Dio, anzi da Lui siete stati conosciuti”. (Gal. 4,9)
 
2) Cristo sulla Croce è potenza e sapienza:
“Cristo crocefisso è il Messia, potenza e sapienza di Dio” (1 Cor. 1,22 ss)
 
3) Ci sarà un nuovo futuro. Verrà il giorno in cui vedremo gesù che sarà tutto in tutti:
“Come tutti muoiono in Adamo così tutti riceveranno la vita in Cristo”
(1 Cor. 15,21 ss)
 
4) È necessario vivere una giornata tutta nuova secondo la legge che Gesù ci ha dato. È la legge dello Spirito:
“benevolenza, bontà, fede, mitezza, temperanza, gioia, pace, pazienza”
(Gal. 5,22 ss).
 
5) Il punto fondamentale della convivenza umana, Paolo lo riassume in questo modo:
“Invidie, ubriachezze, orge e cose del genere, vi preavviso che chi le compie non erediterà il regno di Dio”.
“Il frutto dello Spirito è invece: amore gioia, pazienza, benevolenza, pietà, bontà, timidezza, dominio di sé”…
«Viviamo e camminiamo secondo lo Spirito”.