Tentiamo oggi di alzare la testa dal sepolcro che ci siamo costruiti addosso nella vita quotidiana, che si compendia con il vocabolo «politica»: sfera dei rapporti sociali, delle azioni, delle associazioni, delle istituzioni che si strutturano e si destrutturano incessantemente, sia per la dinamica propria, sia per i movimenti sociali o per l’orientamento delle scelte di fondo: l’educazione, l’informazione ed anche per la piazza che urla un malcontento.
In questo rumoreggiare di parole e fatti, un tema antico, oggi, alza la testa imperioso: fede – ragione.
È un tema che inizia alla fine del V° secolo con Papa Gelasio 1°, che esponeva, in un trattato, la "teoria delle due spade": fu proprio lui a fare appello, con chiarezza, al principio del laicismo, sconosciuto nell’antichità classica, per il fatto che non conobbe nessun conflitto di principio tra le varie attività umane.
La teoria delle due spade - di due poteri distinti entrambi derivanti da Dio, quello del Papa e quello dell’Imperatore - serviva a Papa Gelasio 1° per rivendicare l’autonomia della sfera religiosa della chiesa nei confronti di quella politica.
Questa teoria rimase, per molti secoli, la dottrina ufficiale della Chiesa.
Il principio espresso in questa dottrina rimane lo stesso, quando le parti s’invertono e la dottrina viene invocata a difendere il potere politico da quello religioso, come avviene in Dante nel «De monarchia» e in Marsilio di Padova nel «Defensor pacis».
Questo principio divenne fondamentale nella vita civile in Italia, Francia, Belgio, Germania.
Ma col Rinascimento prima e l’Illuminismo poi, la ragione è entrata in polemica con la fede cristiana. Ma anche nei laicisti più irriducibili è rimasto sempre un dubbio.
Nel 1888 Nietzsche, ateo irriducibile, scriveva nel suo «Anticristo»: «Anche noi odierni cercatori della verità, noi atei metafisici, anche noi prendiamo ancora il nostro fuoco dall’incendio che fu appiccato da una fede millenaria, da quella fede cristiana che fu anche la fede di Platone e cioè che Dio è la verità, che la verità è divina».
«Ma come, - continua Nietzsche - se questo diventa sempre più inverosimile, se più nulla si palesa divino, fuorchè l’errore, la cecità, la menzogna?»
Difatti, alla fine dell’800, iniziava in Europa una forte decadenza morale dovuta al «pragmatismo e al relativismo».
L’uomo «natura» - espressione ancora di Nietzsche per cui «l’uomo possiede uno spirito che gli promette di compiere la scelta di uniformarsi al segreto della natura» - entrava in una crisi profonda che si riversava nel ‘900 con ideologie e fatti che conosciamo.
La nostra epoca che stiamo vivendo non è forse ugualmente densa di «errore, cecità, menzogna?»
E noi che cosa facciamo? Al posto degli urli della piazza ed anche della scuola «alta», usiamo il sottovoce, al posto dell’arroganza un volto sereno.
Ma lasciamo stare il «vogliamoci bene»: parliamo, discutiamo, confutiamo il falso, interroghiamo; usiamo insomma un discorso razionale!
Eppoi, cominciamo noi a spogliarci del male, poniamoci in penitenza; ciascuno se la inventi come può, entri in Chiesa e stia lì per un po’, mangi poco e faccia carità al povero.
In casa, papà e mamma con i bambini ogni sera in ginocchio recitando il Padrenostro.
Fa bene anche alla salute, dice il medico che ci crede!
Cordialmente,
Giovanni Battista Chiaradia