Il tempo: cammino dell'Uomo nella strada di Dio - di Mons. Giovanni Battista Chiaradia

Presente, passato e futuro nella dimensione dell'Eterno

22/12/2007
L’Avvento: preparazione al Santo Natale.
È l’inizio dell’anno liturgico, diverso dall’anno sociale.
Il termine greco «leiturghia» indica, in origine, l’azione, l’opera, l’iniziativa assunta liberamente, in proprio, da qualcuno.
Nel tempo, assume il significato di un servizio più o meno obbligatorio verso lo stato o la divinità o anche un privato.
 
Nella religione ebraica e cristiana, Avvento è ciò che caratterizza il tempo nel fatto che Dio è entrato nella storia, perché ne è l’artefice: per questo il tempo è carico di salvezza e di eternità.
Le ore, i giorni, i mesi, gli anni non spariscono mai perché sono nella mente di Dio, che attua un’alleanza con l’umanità, per cui ogni persona è sempre resa partecipe della natura di Dio.
Nasce così l’anno liturgico.
Ecco Paolo nella lettera alla comunità cristiana di Efeso (1,4 ss): «Benedetto sia Dio che ci ha benedetti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati».
Così il tempo nei suoi giorni, nelle sue ore, nei suoi istanti è portato nella dimensione dell’eternità.
Ciò che io scrivo in questo momento, ciò che io penso, ciò che voi pensate resta fisso nella mente di Dio, che giudicherà il bene o il male.
Ma anche nel campo della laicità i pensieri, le azioni, i fatti restano nella storia, trasmettono il bene e il male e vengono giudicati dai posteri, diventano scuola di vita o esempio di perdizione.
Nulla è solo presente, tutto si protende al futuro.
 
È solo futuro dell’uomo? Il laicismo è proprio sicuro che è solo futuro dell’uomo? E se fosse invece futuro di Dio?
E se il giudizio non fosse solo giudizio dell’uomo, ma giudizio di Dio?
 
Avvento dal latino adventus, “l’arrivo”, anzi colui che arriva.
Ed è un Bimbo fragile, come tutti i bambini, di più non ha una culla di trine, solo paglia ruvida in una maleodorante capanna, tra pastori e pecore e, forse, dice Francesco, c’è anche un bue ed un asino.
Ma lì, in mezzo alla capanna desolata, non trova riposo quel Bimbo.
Fuggirà perché il potere lo cerca, sa che è pericoloso.
Il grande Egitto, denso di inconcepibile poesia, di arte incomparabile, di sublime pensiero lo accoglierà come aveva accolto il primo giudaismo che ora ha paura di quel Bimbo perché sa quanto aveva detto Isaia secoli prima: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce… perché un Bambino è nato per noi… sulle sue spalle il segno della sovranità, sarà chiamato consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, principe della pace, sarà grande il suo dominio e la pace non avrà fine” (Is. 9,1 ss)».
«Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele» (Is. 7,14).
Notate l’inconcepibile “madre-vergine”, specialmente in quel tempo, otto secoli prima di Cristo!
 
Quel Bimbo sarà il dominatore della storia senza armi, senza eserciti, senza urli, senza soldi, senza livree, senza canzoni, senza tamburi e percorrerà il mondo a piedi scalzi e insegnerà una magica parola “agape” che hanno tradotto amore, ma non lo è, perché amore sa di sentimentalismo e Lui di sentimentalismi non sa cosa farne.
Agape è un insieme di gente senza distinzioni, di uomini pur diversi l’uno dall’altro,che stanno insieme anche se sono distanti tra loro, tracciano insieme solchi per seminare parole, inventive, canzoni, armonie e sapienza e sotterrano per sempre invidia, gelosia, cattiveria, stupidità, violenza, morte.
Bisogna capirlo così l’Avvento!
 
Auguri.
Mons. Giovanni Battista Chiradia